Oggi parleremo delle quote di SNC o SAS; in particolare affronteremo le seguenti questioni:
i) se le sue quote possano essere espropriate o ii) comunque sottoposte a atti conservativi.
Con riferimento al primo punto, va osservato che l’art. 2305 del codice civile dispone che il creditore particolare del socio di una snc non possa chiedere la liquidazione della quota prima del termine della società. In altre parole, il creditore non può far valere i propri diritti sulle quote del debitore prima della fine della società.
Tale limitazione si fonda sul fatto che si vuole preservare l’integrità del capitale sociale ed evitare così che l’iniziativa anche di un solo creditore di un socio, possa pregiudicare il raggiungimento dell’oggetto sociale. Diversamente, si creerebbe una immistione esterna non ammessa in un rapporto sociale che si fonda sul principio, tipico delle società di persone, dell’intuitus personae ovverosia sulle qualità personali dei soci che la costituiscono. Non a caso infatti i soci di una società di persone non possono alienare la propria quota senza il consenso degli altri soci e, in caso di morte, i loro eredi non diventano soci senza il consenso degli altri soci rimasti.
Al creditore particolare, pertanto, non resta che far valere i propri diritti sugli utili spettanti al socio debitore, non potendo considerare la quota del debitore come bene suscettibile di espropriazione.
A stessa conclusione si perviene anche per le sas, atteso che le norme relative alle snc si applicano anche a tale tipologia sociale come stabilito dall’art. 2315 del codice civile. Le ragioni sono sempre le stesse e sono quelle di tutelare l’esercizio sociale, preservando la composizione dei soci.
Quanto agli atti conservativi, dottrina e giurisprudenza hanno a lungo discusso, ma l’orientamento più accreditato ritiene che il creditore particolare possa chiedere il sequestro delle quote solo al momento della liquidazione della società e non prima. Del resto, il sequestro conservativo è una misura cautelare finalizzata al futuro pignoramento ed è quindi rimedio inammissibile per gli stessi motivi che abbiamo sopra accennato. Il nostro ordinamento infatti non consente l’inserimento nella compagine sociale di soci nuovi che non siano voluti dagli altri, sicchè anche il sequestro, come il pignoramento, non è consentito.
Pare quindi concludersi, almeno in linea generale, che le quote di una società di persone non possano essere aggredite fino a che la società non sia messa in liquidazione o il rapporto con il socio debitore non si sia sciolto.
Tuttavia, vi è un’ipotesi in cui la generale impignorabilità ed espropriabilità delle quote non opera. Ritiene la giurisprudenza più recente che qualora i soci abbiano stabilito che le quote possono essere liberamente trasferite ad altri, non vi sia più alcun motivo per impedire al creditore particolare di sostituire sé o un terzo al socio debitore. In una siffatta circostanza, infatti, non vi è la necessità di salvaguardare la compagine sociale, posto che gli stessi soci hanno optato per la libera circolazione delle quote, rinunciando così ad esprimere il loro gradimento alla eventuale entrata di nuovi soci.
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