Sommario:
1. I presupposti
2. La disciplina
3. Le Tre invenzioni
4. L’equo premio
5. Giurisdizione e competenza
1. I presupposti
I presupposti per l’applicazione della disciplina sulle invenzioni del lavoratore sono:
– l’esistenza di un rapporto di lavoro che può essere subordinato o autonomo;
– e la realizzazione da parte del lavoratore di una invenzione industriale.
È’, infatti, necessario che l’invenzione sia effettuata nel corso della prestazione lavorativa o in costanza di rapporto di lavoro. Si considera, in ogni caso, effettuata durante l’esecuzione del contratto o del rapporto di lavoro o d’impiego, l’invenzione industriale per la quale sia chiesto il brevetto entro un anno da quando l’inventore ha lasciato l’azienda (v. art. 64, c. 6, D.Lgs. n. 30/2005).
Ma che cos’è un’invenzione industriale?
Si definisce invenzione una soluzione nuova e originale di un problema tecnico mai risolto, o risolto in altro modo. L’invenzione può consistere in un nuovo prodotto, in un nuovo procedimento, o in un nuovo uso di prodotto di noto. La disciplina delle invenzioni industriali è contenta agli artt. 45 ss del d. lgs. 30/2005 (il cosiddetto Codice della proprietà industriale).
Le invenzioni industriali sono protette dall’ordinamento giuridico per mezzo del brevetto, a condizione che siano soddisfatti quattro requisiti:
- novità: un’invenzione è nuova se non è compresa nello stato della tecnica
- originalità: deve risultare originale per una persona esperta di quel ramo tecnico
- industrialità: deve avere un’applicazione industriale ossia il suo oggetto può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria, compresa quella agricola
- e liceità: non possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni la cui attuazione è contraria all’ordine pubblico o al buon costume (art. 50, D.Lgs. n. 30/2005).
2. La disciplina
L’art. 2590 del Codice Civile stabilisce che “Il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore; invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro. I diritti e gli obblighi delle parti relativi; invenzione sono regolati dalle leggi speciali” ovverosia dal Codice della proprietà industriale che disciplina la materia (D.Lgs. n. 30/2005).
Tali disposizioni si applicano ai datori di lavoro sia privati che pubblici, nonché alle Università e agli enti pubblici di ricerca (v. artt. 64 e 65 D.Lgs. n. 30/2005).
Quanto ai lavoratori, la disciplina si applica anche agli autonomi ed ai collaboratori a progetto. La tutela è ora prevista anche per i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (art. 4 Legge 81/2017).
3. Le tre invenzioni
Come chiarito, il lavoratore che realizzi un’invenzione nell’ambito di un rapporto di lavoro ha diritto ad essere riconosciuto autore morale della sua invenzione. Ciò tuttavia non significa che egli abbia anche diritto di sfruttarne i relativi diritti patrimoniali che, come vedremo, possono invece spettare al datore di lavoro.
La legge distingue tre ipotesi a cui corrispondono tre diversi assetti di diritti patrimoniali:
le invenzioni di servizio o “di lavoro” cioè oggetto del contratto di lavoro e come tali remunerate – art. 64 c. 1 del D.Lgs. n. 30/2005)
le invenzioni aziendali ossia quelle invenzioni realizzate nell’esecuzione o nell’adempimento di un rapporto di lavoro, ma per le quali non è pattuita una retribuzione per l’attività inventiva
e infine le invenzioni occasionali ovvero realizzate autonomamente dal dipendente al di fuori dell’ambito lavorativo, ma rientranti nel campo di attività del datore.
Nelle prime due ipotesi i diritti patrimoniali spettano al datore di lavoro il quale dovrà però riconoscere al lavoratore un equo premio. A tal riguardo, va segnalato che alcuna giurisprudenza riconosce il diritto al premio solo in quelle ipotesi in cui l’invenzione sia aziendale e non di servizio, sul presupposto che in questo secondo caso l’invenzione sarebbe il frutto della specifica prestazione lavorativa del dipendente. La questione però è tutt’altro che banale, venendo spesso risolta secondo la sensibilità del singolo giudice e in
relazione alle previsioni contenute nei contratti collettivi.
Nel caso di invenzioni occasionali, invece, il lavoratore rimane titolare dei diritti patrimoniali di sfruttamento economico dell’invenzione e Al datore di lavoro è attribuito il diritto di opzione per l’uso, esclusivo o non esclusivo dell’invenzione o per l’acquisto del brevetto, nonché per la facoltà di chiedere od acquisire, per la medesima invenzione, brevetti all’estero verso corresponsione del canone o del prezzo, da fissarsi con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuti dal
datore di lavoro per pervenire all’invenzione.
4. Come viene quantificato l’equo premio?
Nel caso di invenzioni d’azienda il lavoratore ha diritto, come dicevamo, ad un equo premio che compete solo nel caso in cui il datore di lavoro ottenga il brevetto per l’invenzione o decida di utilizzarla in regime di segretezza industriale.
Il premio viene determinato in ragione dell’importanza dell’invenzione (e non del prezzo), delle mansioni svolte, della retribuzione percepita dall’inventore e dall’eventuale contributo ricevuto dalla organizzazione del datore di lavoro.
Il premio costituisce a tutti gli effetti reddito da lavoro e come tale viene pagato, essendo quindi soggetto sia imposizione fiscale che a contribuzione previdenziale e assistenziale.
5. Giurisdizione e competenza
Per quanto riguarda la competenza, va segnalato che non è sempre agevole individuare quale giudice sia competente per le causa relative alle invenzioni dei lavoratori. Sussiste infatti un potenziale conflitto tra i due giudici speciali: quello del lavoro e quello per la proprietà industriale e intellettuale.
A tal riguardo, si riporta l’insegnamento della Corte di Cassazione la quale così afferma: “In tema di controversie concernenti i diritti del lavoratore che abbia realizzato una invenzione industriale, la competenza del giudice del lavoro sulla base del disposto degli art. 409 ss. c.p.c. va affermata fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 30/2005 (19 marzo 2005) che ha esplicitamente previsto, con portata innovativa, l’attribuzione di tali controversie alle Sezioni specializzate in materia di Proprietà industriale e intellettuale, senza che abbia rilievo l’art. 3, D.Lgs. n. 168/2003, istitutivo delle predette sezioni, in forza del quale queste ultime sono state rese competenti in materia di controversie aventi ad oggetto, tra l’altro, i brevetti d’invenzione, atteso che nell’alternativa tra due giudici specializzati (quello del lavoro e quello della proprietà industriale), la competenza deve essere naturalmente assegnata al giudice che conosce della materia prevalente e che le controversie sulle invenzioni del dipendente non rientrano nella categoria delle controversie in materia di registrazione o validità dei brevetti a norma dell’art. 16, punto 4, Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, delle quali pertanto non esigono il medesimo trattamento processuale” (Cass. n. 18595/2006).
E’ quindi opportuno rivolgersi ad un legale esperto della materia.
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